giovedì 4 dicembre 1997

SISTEMI E APPARATI DI VIGILANZA, CONTROLLO E SANZIONATORI NELLA NORMATIVA SULLA SICUREZZA DEL LAVORO.

SISTEMI E APPARATI DI VIGILANZA, CONTROLLO E SANZIONATORI NELLA NORMATIVA SULLA SICUREZZA DEL LAVORO.


1. Precetti, e sanzioni nell’originario modello normativo

Nel nostro ordinamento, si è venuta consolidando la scelta fondamentale , tipica di uno Stato sociale di diritto, della anticipazione della barriera di protezione dei beni fondamentali tutelati ed in particolare del diritto alla integrità fisica ed alla salute nonché alla salubrità dell’ambiente tramite il meccanismo della colpa legale e della imputazione degli eventi a condotte omissive colpose, sanzionando la violazioni di precetti tipici che impongono regole di condotta .
La imposizione di una serie di regole puntuali di condotta e di obblighi , la cui violazione é a sua volta punita, costituisce la trama cui viene riferito il giudizio fondato sulla colpa “legale” , per violazione di legge.
Sulla base di tale schema valutativo viene affermata la responsabilità di coloro i quali abbiano violato le condotte doverose loro imposte, e, in ragione della omissione, non abbiano posto in essere le condizioni la cui mancanza viene fatta coincidere, secondo valutazione normativa tipica, con la sussistenza di un pericolo astratto ovvero posta, sempre secondo valutazione normativa tipica, in connessione causale con il concreto verificarsi di un evento lesivo.
Utilizzando una terminologia non tecnica e semplificando i concetti, può dirsi che uno Stato moderno:
  1. disciplina regole di comportamento che sono ispirate al fine di impedire il verificarsi di eventi lesivi, e che possono interessare qualunque persona, ma più spesso sono imposte solo a taluni soggetti individuati;
  2. colpisce con una sanzione meno grave la violazione di regola di comportamento, per il pericolo che in astratto tale violazione costituisce, di per sé.
  3. qualora accada un concreto evento lesivo, che non si sarebbe verificato rispettando la regola di comportamento, prevede innanzitutto che dell’evento debba essere chiamato a rispondere a titolo di colpa chi ha violato la regola ( ponendo per legge in relazione causale una mancata condotta dovuta ed un fatto concreto verificatosi) e l’irrogazione di una ulteriore distinta pena, di norma più grave.

Sul presupposto di tali meccanismi logico giuridici, in capo al datore di lavoro, collocato in posizione c.d. “ di garanzia“, viene posto il dovere generale di adottare tutte le misure e cautele idonee, atte a a proteggere l’incolumità e la salute dei lavoratori. E sempre in base a tale meccanismo viene estesa la responsabilità in ordine alla applicazione della disciplina a tutela della sicurezza e salute del lavoro, ai dirigenti e preposti nell’ambito degli effettivi e concreti poteri attribuiti e dell’effettivo ruolo svolto, ( all’interno dell’ambiente di lavoro e secondo l’organigramma aziendale).

Nel CC del ’42 l’art. 2087, con norma generale, non autonomamente sanzionata, già fissava, ( nel contesto normativo diverso della disciplina dell’impresa, come attività economica organizzata ove campeggia la figura gerarchica dell’imprenditore - datore di lavoro) il precetto, secondo il quale “ L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica , sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”..
A tale disposizione ha fatto ricorso sino ai giorni nostri la giurisprudenza, in sede di imputazione di responsabilità per fatti lesivi a titolo di colpa legale ( colpa consistente per l’appunto in violazione di precetti normativi).
Un ricorso prevalentemente integrativo, ad una norma rivisitata nel quadro dei principi costituzionali afferenti diritto alla integrità fisica, diritto alla salute e diritto alla salubrità dell’ambiente.

Ma sono i DPR 547/55, 164/’56 e 303/56 che hanno costituito i primi organici testi in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, ed hanno introdotto un articolato insieme di precetti, cui corrisponde in caso di violazione, un articolato apparato di sanzioni penali ( contravvenzioni).
Tali precetti sono variamente caratterizzati, e presentano una struttura generica ( o elastica) o più puntuale ed in taluni casi concreta e specifica, ma soprattutto, prevedono
  • obblighi generalissimi
  • norme volte alla protezione esterna dei macchinari ovvero ad assicurare caratteristiche strutturali e dispositivi di sicurezza minimi dei quali devono essere muniti,
  • una miriade di norme di buona tecnica secondo la natura dei lavori e luoghi ( impalcati, scavi e così via)
  • norme che impongono la dotazione di mezzi di protezione personale antinfortunistica ( caschi, scarpe antinfortunistiche, guanti da lavoro, occhiali di protezione)
  • norme sulle condotte da far tenere ai dipendenti ( divieti di interventi sui macchinari in movimento, disciplina della manutenzione etc).
  • norme sui luoghi di lavoro e sulle misure minime di tutela nell’ambiente di lavoro

La scelta primaria della protezione esterna dei macchinari, e della previsione di una miriade di norme di buona tecnica secondo la natura dei lavori e luoghi ( impalcati, scavi e così via) appaiata a precetti sulla dotazione di mezzi di protezione personale antinfortunistica e sulle condotte da far tenere ai dipendenti ( divieti di interventi sui macchinari in movimento, disciplina della manutenzione etc) costituì al contempo il limite e la forza di tale normativa
La longevità di tale normativa, ancora vigente ad oltre 40 anni di distanza, riposa infatti proprio :
a) nell’aver formulato norme generali ed astratte, valide per qualsiasi tipo di attrezzatura e di macchinari, accompagnando i precetti con specifiche sanzioni penali, a carico dei diversi soggetti responsabili individuati (reati propri), in funzione di prevenzione specifica ( in sede penale) e repressione delle violazioni ed omissioni;
b) nell’aver individuato per la prima volta i principi portanti in ordine a ruolo e responsabilità dei datori di lavoro, dirigenti e preposti, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, mentre la stessa elaborazione giurisprudenziale dei princìpi afferenti la delega di funzioni e responsabilità nelle organizzazioni di impresa, costruita intorno all’art. 4 del Dpr 547/’55, ha fortemente contribuito alla tendenziale stabilità del detto sistema normativo.

Ma a fronte del complesso dei precetti le sanzioni, affidate all’intervento successivo della magistratura ordinaria, erano in concreto pressoché esclusivamente pecuniarie ( ammenda).
Una minaccia risibile di mite sanzione, previo decreto penale ed all’esito di processo di opposizione, sempre possibile ed incerto nei tempi e finanche nell’esito, nel contesto di uno scarso funzionamento dei meccanismi di assicurazione sociale e previdenziali, ed a fronte dei risparmi certi rappresentati dalla riduzione al minimo del costo immediato della sicurezza.

Il quadro ebbe una evoluzione positiva, dopo la forte spinta sindacale della fine degli anni ’60, e solo a partire dalla seconda metà degli anni ’70, con il migliore funzionamento dell’INAIL, le nuove disciplina dell’ammissione alle gare pubbliche, e tramite un più motivato intervento giudiziario, disomogeneo sul territorio, ma consapevolmente indirizzato alla prevenzione, infine dalla stessa legge 689/’81 ( ammissione all’oblazione previa regolarizzazione , art. 162 bis CP, sequestro condizionato e sospensione condizionata , in funzione della regolarizzazione).

Tale normativa ha però ugualmente fallito lo scopo, non assicurando il concreto obiettivo di prevenire effettivamente gli infortuni, mentre le mutate esigenze dell’organizzazione del lavoro e le nuove occasioni di rischio e patologia, hanno preso forme ignote e non prevedibili, in quanto riflesso del modificarsi dei modi di produzione ed al contempo venute alla luce grazie allo sviluppo delle conoscenze scientifiche.

Il fallimento dell’ancient sistema di prevenzione, con il suo triste primato di infortuni e morti bianche, va imputato peraltro anche alla strutturale inadeguatezza degli organi sul territorio, preposti all’accertamento e vigilanza ( USL.poi divenute di recente Aziende Sanitarie Locali)
A tali organi la riforma sanitaria, aveva attribuito un ruolo estremamente incisivo, quasi di tutela, affidando loro valutazione dei rischi sui luoghi di lavoro, individuazione delle misure di prevenzione, informazione e formazione e sorveglianza sanitaria ..

A ben guardare la senescenza del vecchio modello normativo è imputabile proprio al modello per l’appunto di tutela “dall’esterno e dall’alto “, e a due fattori per così dire “ endogeni” rispetto al modello:
  • al limite intrinseco della sua impostazione “precettiva”, e cioè fondata su una somma di singoli precetti e sanzioni puntuali
  • alla parzialità della filosofia della prevenzione che lo ispirava (riduzione ipotetica del rischio da infortunio essenzialmente segregando le parti pericolose delle singole macchine ed allontanando da queste gli operatori ovvero imponendo norme di condotta ).

D’altronde le stesse persistenti oggettive caratteristiche del tessuto produttivo e del modello di sviluppo, a più stadi del nostro paese ( con i ritardi culturali ed organizzativi in esso annidati) non avevano facilitato una seria evoluzione normativa.

2. Precetti e sanzioni nel nuovo modello normativo di tutela della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro introdotto con il DLGVO 626


Dal decreto 626/94 in poi ( ma vi erano avvisaglie di una nuova concezione della tutela della sicurezza e della salute sul lavoro già nel DLgvo 277/91.) in attuazione delle direttive CEE è stato poi accuratamente delineato un nuovo sistema della sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, sistema che in questa sede dobbiamo dare per noto.
Può solo essere utile rammentare che direttive e norme di derivazione europea, hanno così essenzialmente ridisegnato i principi portanti della sicurezza e prevenzione :
1) i pericoli per l’incolumità e la salute dei lavoratori, non dipendono tanto dalla carenza di protezioni “oggettive” delle macchine, quanto dalle modalità di loro utilizzazione nell’ambiente di lavoro;
2) la sicurezza deriva dalla analisi e conoscenza dinamica del processo produttivo, conoscenza che può essere acquisita solo definendo le procedure necessarie e le soluzioni organizzatorie coerenti con il fine, e rendendole obbligatorie;
3) Il fine di prevenzione concretamente raggiungibile ( senza inseguire il mito del “ rischio zero “), dipende dalla formazione, informazione e preparazione dei soggetti nel luogo di lavoro e dalla loro partecipazione al processo organizzato di prevenzione;
4) occorre responsabilizzare direttamente i soggetti investiti degli obblighi procedurali, individuando forme di autocontrollo e di autocertificazione, e procedure che li pongano al centro del processo di prevenzione, affidando agli organi pubblici una funzione di vigilanza e controllo di legalità..
5) la sicurezza va assicurata infine sin dal momento della ideazione e progettazione delle macchine e pianificata unitamente alla progettazione delle attività da realizzare, a cura dello stesso committente, nel caso di appalto di lavori che comportino attività complesse e concomitanti, nonché compresenza di più lavoratori appartenenti a diverse unità produttive nei medesimi ambienti di lavoro, e perciò rischi numerosi ed eterogenei.

Tali principi sono stati riadattati ed estesi al settore delicato dei cantieri edili temporanei e mobili tramite il DLGVO 494 ( mediante lo strumento gestionale del Piano di sicurezza, o del piano di sicurezza e coordinamento) ed al settore delle cave, miniere e comunque attività estrattive di sostanze minerali di prima e di seconda categoria, tramite il DLGVO 626 (mediante lo strumento gestionale del documento di salute e sicurezza )

Il DLvo 626, tuttavia, pur avendo introdotto gigantesche novità, ha lasciato concretamente in vigore gran parte delle norme tecniche preesistenti ( precetti specifici) contenute nei DPR degli anni ‘55 e ‘56, fatta salva la modificazione espressa di alcuni articoli e l’abrogazione tacita di quelli incompatibili.
La nuova disciplina “procedurale” della prevenzione non poteva difatti eliminare la necessità di prevedere istituti e presidi specifici a tutela dei lavoratori. Anzi ha arricchito molte norme tecniche e singoli precetti ( requisiti strutturali dei luoghi di lavoro, disciplina ed uso delle attrezzature di lavoro, disciplina ed uso dei dispositivi di protezione individuale ), introducendo infine nuove discipline organiche proprio per quei settori in cui l’evoluzione dei tempi e delle conoscenze si è fatta maggiormente sentire ( movimentazione manuale dei carichi, uso di attrezzature munite di videoterminali, protezione da agenti cancerogeni e da agenti biologici ).

E soprattutto, mentre nel resto dell’Europa non esiste alcun meccanismo sanzionatorio penale, il DLgvo ha di fatto ribadito la scelta della previsione di sanzioni penali degli obblighi inadempiuti, introducendo un sistema misto, di precetti e procedure, che prevede una vasta serie di obblighi (ancora od ex novo) sanzionati penalmente

Ebbene è tutto il complesso della disciplina di settore, ivi compresi gli obblighi più squisitamente organizzatori e di natura procedurale, che costituisce il punto di riferimento della valutazione di responsabilità per reati contravvenzionali (omissivi) e per delitti (eventi lesivi e malattie professionali).Valutazione di responsabilità che volta per volta può coinvolgere datori di lavoro, dirigenti e preposti ( e solo per talune norme specifiche appaltatori o committenti nel settore dei cantieri edili ovvero i titolari di cave.) , ma anche altri soggetti tipici individuati nella normativa prevenzionale
Una menzione a parte meritano difatti , per le responsabilità specificamente loro attribuite, i progettisti, venditori, fabbricanti e venditori di macchine, i medici competenti. E per gli obblighi specifici imposti gli stessi lavoratori.e gli artigiani impegnati in cantieri edili temporanei o mobili.

Imputazione di responsabilità per colpa legale, consistente per l’appunto, in violazione di obblighi e precetti fissati per legge e nella omissione di condotte e cautele doverose, che ha realizzato le condizioni che non consentivano di impedire o che non hanno in concreto impedito il verificarsi di eventi dannosi..

Sotto questa luce vanno allora inquadrate le fondamentali novità del sistema sanzionatorio, e la ridefinizione delle procedure di accertamento delle violazioni. realizzata nel 1994

3. Vigilanza e controlli con particolare riferimento alla procedura prescrizionale disegnata dal dlgvo 758/94.

Nel passato, gli organi preposti ai controlli ed alla vigilanza impartivano la diffida ( a regolarizzare la violazione accertata) e contemporaneamente si avviava, tramite la obbligatoria denuncia all’autorità giudiziaria, il processo penale: adempimenti: regolarizzazioni e vaglio relativo ai fini dell’eventuale archiviazione, e, ovviamente, la trattazione di tutti i fatti connessi a reati di lesioni colpose e malattie professionali, erano integralmente assorbiti nella sfera del giudizio penale ed affidati al Pretore.
Con l’iscrizione della notizia oggetto di rapporto negli appositi registri iniziava l’azione penale e si apriva il fascicolo processuale e con il nuovo rito introdotto nel 1989 con la segnalazione inizia il procedimento penale e l’esercizio eventuale della azione penale, interviene nella fase conclusiva delle indagini: si trattava in entrambi i casi comunque di una soluzione integralmente “ endopenale” Anzi con l’introduzione della ammissione all’oblazione subordinata alla prova della avvenuta regolarizzazione, ai sensi dell’art. 162 bis del codice penale introdotto con la L 689/’81, il fine di prevenzione entrava prepotentemente nella sfera penale , quale anticipata realizzazione dell’interesse penalmente protetto, tale da consentire la rinuncia al fine ed esito più tipico della attività giurisdizionale penale: la valutazione della responsabilità ed affermazione della stessa con conseguente applicazione della sanzione.
Solo di recente perciò, tramite il DLvo 758 del 19/12/’94 è stato ridefinito il procedimento stesso di accertamento delle violazioni alla normativa prevenzionale, lasciando fermo il corpo normativo e sanzionatorio preesistente ( salvo depenalizzazione espressa di fattispecie minori).
Un noto autore, ha sottolineato plasticamente, come l’intera disciplina introdotta dagli artt. e ss. del D.LGvo 758 costituisca ”parafrasi razionalizzata” del procedimento di oblazione introdotto nel sistema penale con la legge 689/81 ( art 162 bis CP). Tale parafrasi si è concretizzata nel ridisegnare il rapporto tra accertamento, regolarizzazione delle violazioni accertate, estinzione dei reati e procedimento penale e ponendo all’esterno della sfera penale una serie di attività tipiche della fase procedimentale conseguente all’accertamento delle violazioni alla normativa di prevenzione .
La prescrizione, ordine puntuale e concreto volto a rimuovere ( immediatamente o nel termine assegnato) la violazione accertata, ne costituisce l’asse portante tipico. Tale provvedimento è stato affidato essenzialmente agli ufficiali di p.g. specializzati ( in generale presso le ASL nei Servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza del lavoro, e per taluni settori e materie specialistiche ad esempio ai Vigili del Fuoco, per la prevenzione antincendio, ai tecnici dell’ANPA, per la prevenzione nel settore dell’impiego pacifico dell’energia nucleare).
Il controllo “tecnico” sulla regolarizzazione, la valutazione del raggiungimento del fine specifico, la gestione della oblazione ( pagamento della sanzione amministrativa pari ad un quarto della sanzione penale prevista) come possibile conseguenza della avvenuta regolarizzazione, sono stati altresì integralmente affidati all’organo di vigilanza.
Tuttavia è rimasto l’obbligo della segnalazione all’autorità giudiziaria, in ordine ai fatti di reato accertati, pur se oggetto di prescrizione amministrativa, anche se il procedimento penale è per legge “sospeso”, in attesa dell’esito della procedura prescrizionale in sede amministrativa.
Inoltre è comunque al giudice penale che è stato affidato il vaglio finale circa l’avvenuta estinzione del reato ( ottemperanza alle prescrizione e versamento della somma destinata alla oblazione amministrativa); ed. è sempre al giudice che è riservato valutare l’intempestività dell’adempimento o la adeguatezza dell’adempimento in forma diversa, o la contestazione sul contenuto dell’accertamento dell’organo di vigilanza.
Infine l’adempimento successivo e la oblazione penale ex art. 162 bis CP non sono precluse, una volta conclusa la fase procedimentale amministrativa.
Nell’ordinamento italiano, conservata la sanzione penale per i comportamenti in violazione dei precetti in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro, è stato affidato agli organi di vigilanza un ruolo centrale, sebbene necessariamente ancora duplice, in ragione della sovrapposizione, interferenza, e separazione impossibile tra le sfere penale ed amministrativa.
Difatti l’organo di vigilanza mantiene le funzioni di polizia giudiziaria ed è tenuto alla segnalazione all’autorità giudiziaria e ad adottare, qualora se ne presenti la necessità, i provvedimenti tipici affidatigli nell’ambito di tali funzioni conservate.
Lo stesso organo di vigilanza-pg specializzata ha quindi conservato i doveri e poteri che in sede di accertamento penale aveva prima del Dlgvo 758, con specifico riferimento al doveroso esercizio dei poteri cautelari di sequestro, in particolare preventivo (volto ad impedire che vengano commessi reati più gravi o a far cessare la permanenza dei reati accertati).
Ciò in tutti i casi in cui non appaia sufficiente ed adeguato al fine impartire prescrizioni ad esecuzione immediata od a termine, e cioè sia dato prevedere fondatamente la non ottemperanza alle stesse e la sussistenza del concreto pericolo che giustifica la misura di prevenzione ).

Il legislatore, nell’art. 23 u. co. del DLgvo 758, dopo aver disciplinato la sequenza fondamentale tra procedura prescrizionale tipo e procedimento penale , ha introdotto perciò una norma espressa, ma di portata essenzialmente interpretativa , secondo la quale la sospensione del procedimento penale non preclude la richiesta di archiviazione né impedisce l’assunzione delle prove nella forma dell’incidente probatorio ovvero il compimento di atti tipici urgenti di indagine preliminare, tra i quali il sequestro preventivo.
Insomma pur iscritto un procedimento penale “sospeso”, debbono essere esercitati i poteri cautelari tipici previsti a tutela dell’interesse penalmente protetto in funzione di prevenzione speciale e non può essere pregiudicata la esigenza tipica di acquisizione, anche “anticipata”, della prova.

  1. SANZIONI PENALI E DLGVO 626. LA VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI PROCEDURALI FONDAMENTALI

Il DLGVO 626/94, nel delineare il nuovo modello di organizzazione dei processi partecipati della sicurezza, collocandoli all’interno dei luoghi di lavoro, ha fissato come noto principi o misure generali di tutela, individuato soggetti, obblighi, e strumenti organizzativi e disciplinato gli strumenti tipici ai quali è affidata le gestione dinamica del processo di prevenzione. ( valutazione dei rischi, consultazione e partecipazione dei lavoratori e del loro rappresentante , formazione e informazione dei lavoratori)

Proprio le sanzioni collegate ai precetti fondamentali, attinenti all’avvio e realizzazione della architettura interna ai luoghi di lavoro delle nuove procedure della sicurezza, costituiscono l’elemento di novità più significativo introdotto nel sistema penale dal 626.

E’ evidente peraltro che nel nuovo sistema essenziale è divenuta la distinzione tra i precetti, secondo la natura stessa degli obblighi imposti :
  1. programmatici ( elencazione vincolante dei compiti ed obiettivi fondamentali)
  2. procedurali fondamentali (adempimenti destinati ad avviare inizialmente le procedure della prevenzione negli ambienti di lavoro e a porne le fondamenta generali tramite il documento di sicurezza, inteso come dato dinamico in continuo aggiornamento)
  3. procedurali attuativi ( adempimenti destinati a far sviluppare ed aggiornare le procedure di sicurezza ed i loro risultati, e ad assicurarne il “carattere partecipato” delle attività di prevenzione sul luogo di lavoro)
  4. programmatico attuativi (atti a concretizzare gli obiettivi fondamentali, e ad assicurarne il raggiungimento ES: informazione dei lavoratori da parte del medico competente)
  5. precettivi immediati ( di struttura e natura analoga ai preesistenti).

Difatti è proprio a questa distinzione che ha posto mente il legislatore nel graduare le sanzioni delle varie condotte omissive, agli artt. 89 e ss del DLgvo 626, e nell’individuazione dei soggetti obbligati e sanzionati, in caso di accertate violazioni.

Solo talune violazioni, connesse agli obblighi programmatici e procedurali basilari, sono perciò sanzionate esclusivamente a carico del datore di lavoro, alla stregua della ( nuova) formulazione del primo comma dell’art. 89. e non sono pertanto delegabili con efficacia liberatoria:

[ Il datore di lavoro è difatti punibile con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4 commi 2, 4 lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63 commi 1, 4 e 5; 69 comma 5 lettera a); 78 commi 3 e 5; 86 comma 2-ter]

Tali violazioni sono così elencabili :
  • omessa designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione,
  • omessa valutazione dei rischi ed omessa partecipazione concertata a tale fase sia del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che del medico competente e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
  • omessa predisposizione del documento di sicurezza ( all’esito della valutazione dei rischi);
  • mancato aggiornamento della valutazione dei rischi e del conseguente documento in occasione di modifiche del processo produttivo che possano avere influenza sulle esigenze di sicurezza del lavoro;
  • omessa autocertificazione dell’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e della conseguente realizzazione dei necessari interventi di prevenzione e protezione su strutture, macchine ed impianti ( procedura semplificata per le aziende familiari e le piccole imprese con meno di dieci addetti, che non siano soggette a particolari fattori di rischio)

Sono poi previste ulteriori sanzioni nei confronti del solo datore, per la mancata effettuazione od aggiornamento della valutazione e per la mancata elaborazione del conseguente documento, in riferimento ai rischi specifici da esposizione ad agenti cancerogeni od esposizione ad agenti biologici., nonché per la mancata indicazione dei dati indispensabili elencati ( art. 63, comma 1,4 e 5, art. 69, comma 5 lettera a), art. 78, comma 3 e 5 ed art . 86 comma 2 ter )

Deve segnalarsi a tal riguardo in particolare che nel caso di utilizzo di agenti cancerogeni il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, deve essere necessariamente integrato con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per l possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.

In caso di utilizzo di agenti biologici il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è deve essere necessariamente integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

5.SANZIONI PENALI E VIOLAZIONE DI OBBLIGHI PROGRAMMATICI, OD ATTUATIVI DEGLI OBBLIGHI PROCEDURALI E PROGRAMMATICI, NONCHÉ DI NUOVI PRECETTI SPECIFICI

L’aggiunto comma 4 bis all’art, 1 del decreto n. 626/94, espressamente dispone: “ i dirigenti ed i preposti che dirigono o sovraintendono le attività attraverso le quali il datore di lavoro attua le misure generali di tutela dei lavoratori sono personalmente tenuti all’osservanza delle disposizioni del decreto”

La opportuna disposizione ha definitivamente chiarito ( in concomitanza con la auspicata rivisitazione della nozione di datore di lavoro, e individuazione degli obblighi propri non delegabili) , che il sistema normativo del 626 è immediatamente vigente per tutti ed in particolare impone obblighi alla cui osservanza sono tenuti tutti i soggetti che fanno parte dell’organigramma aziendale, solo in ragione e per diretta conseguenza degli effettivi ruoli e concreti poteri che esercitano..
A riguardo va solo ricordato che la giurisprudenza, in aderenza ai canoni di effettività e concretezza, ha chiarito più volte che la delega può liberare dalla responsabilità il datore di lavoro, solo in quanto :
a) plausibile b) attribuita a persona esperta e competente c) rilasciata in forma scritta d) conferisca effettivi ed adeguati poteri decisionali e di spesa e) non apparente ( il datore di lavoro non continui ad esercitare in concreto i poteri delegati); g) non concerna l’ adempimento degli obblighi procedurali fondamentali propri ed esclusivi del datore.
Inoltre è diretta conseguenza della posizione fondamentale di garanzia attribuita dall’ordinamento al datore di lavoro, la circostanza che la delega non lo esoneri più da responsabilità, se venuto a conoscenza delle violazioni esistenti o commesse dal delegato.
Di colpa “ in eligendo” ( nella scelta del dirigente) deve invece parlarsi piuttosto a proposito del requisito di esperienza e capacità del delegato.

A ben guardare l’istituto della delega cosi’ come elaborato dalla giurisprudenza era tradizionalmente ancorato al presupposto logico della qualificazione delle fattispecie penali in materia prevenzionale come reati “propri” imputabili al datore di lavoro (e solo anche, ai dirigenti e preposti. art 4 Dpr 547/’55). Anche sotto tale profilo non vi è stato alcun cambiamento essenziale: difatti l’art. 4 del DlGvo 626, in tema di obblighi fondamentali continua a distinguere tra coloro che “ esercitano, dirigono o sovraintendono”.

Una pur disattenta lettura delle previsioni sanzionatorie ( artt. 89 e 90 DLGVO 626) conferma inoltre che buona parte dei precetti del 626 è riferita in via generale ed astratta a tutti e tre soggetti fondamentali indicati : in concreto la portata della violazione e la riferibilità rispettìva a ciascuno dei tre dipenderà da una concreta valutazione del momento e sfera in cui cade la violazione.
In via deduttiva può indicarsi che della sfera programmatico decisionale ed attuativa generale possono essere pressoché esclusivamente chiamati a rispondere i datori di lavoro e/o i dirigenti validamente delegati, mentre della sfera più strettamente esecutiva o di vigilanza in fase di esecuzione, sono destinati a risponderne i preposti.

Per la prima serie di violazioni sono previste le pene più gravi per il datore di lavoro ed i dirigenti ( art 89 co 2° lett A):
a) l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5 lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1 lettere d), e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38; 41; 43, commi 3, 4 lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5 lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2; ]
mentre la corrispondente norma sanzionatoria più grave per i sovrintendenti, è ovviamente adeguata alla scala delle responsabilità nell’organigramma aziendale ( art 90 1° co lett A) :
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 2 milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d), e) e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4 lettere a), b), d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;


Alla luce del principio più sopra enunciato, si spiega poi agevolmente il perché non siano state previste sanzioni per i preposti relativamente a:
A) la violazione degli obblighi inerenti la formazione adeguata dei lavoratori in generale e per quanto riguarda specificamente l’utilizzo dei Dispositivi di Protezione individuale e gli specifici corsi di addestramento individuale, la movimentazione manuale dei carichi , le misure di tutela sul posto di lavoro in conseguenza dell’analisi dei rischi per la vista o gli occhi, derivanti da postura od affaticamento mentale e fisico, o connessi alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale, il rischio da abenti cancerogeni e biologici ( artt. 22, 43 co 4 lett g) e co 5, 49, 56 co 2, 66 co 2 , 895 co 2 DLGVO 626)
B) la violazione degli obblighi inerenti la nuova valutazione dei rischi e la misura della concentrazione dell’agente cancerogeno in caso di segnalazione di anomalie od estensione della esposizione ad altri soggetti, al fine di verificare l’efficacia delle misure adottate ( art. 69 co 2 DLGVO 626 )

Per la seconda serie di violazioni sono previste sanzioni meno gravi per i datori di lavoro e dirigenti: b) arresto da due a quattro mesi o ammenda da lire un milione a lire 5 milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5 lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1 lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4 lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, co. 1 e 2.,
ed altresì per i preposti: b) l'arresto sino a un mese o ammenda da lire 300 mila a lire 1 milione per la violazione degli articoli 4, comma 5 lettere c), f), g), i), m); 7, commi 1 lettera b) e 3; 9, comma 2; 12, comma 1 lettere a), c); 21; 37; 43, comma 4 lettere c), e), f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4.

Ma deve sottolinearsi che anche in questo caso nella corrispondente disposizione per i preposti, non risultano previste sanzioni per quegli adempimenti ed obblighi che per loro natura sono riferibili esclusivamente alla sfera di prima attuazione degli obblighi procedurali, e di attuazione degli obblighi programmatici ovvero alla sfera decisionale ed attuativa più generale:
A) nomine del medico competente e designazioni degli addetti al Servizio di Protezione e Prevenzione nonché dei lavoratori incaricati all’attuazione delle misure di incendi ( art. 4 co 4 lett. B) e C) e art. 12 ), consultazione del rappresentante per la sicurezza in ordine alla valutazione dei rischi ed alla designazione degli addetti al SPP,( art. 5 lett. P) ),
B) verifica della idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici e lavoratori autonomi ( art. 7 1° co lett A) ),

C) comunicazioni all’organo di vigilanza di incidenti che comportano esposizione anomale dei lavoratori ad agenti cancerogeni e iscrizione dei lavoratori in apposito registro degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici, nonché consegna di copia del registro all’Istituto Superiore di Sanità, all’ISPESL ed all’organo di vigilanza, con le le cartelle di rischio aggiornate per i lavoratori cessati dal rapporto di lavoro ( artt. 67 co 3, 70 co 1, 87 ) comunicazioni all’organo di vigilanza o informative al Ministero della Sanità connesse al rischio preesistente o nuovo da agenti biologici ( artt. 76 e 77 co 4 ) adozione delle misure di emergenza in caso di incidenti e rischio biologico ( art. 84 )