SISTEMI E APPARATI DI VIGILANZA, CONTROLLO E SANZIONATORI NELLA NORMATIVA SULLA SICUREZZA DEL LAVORO.
1. Precetti, e sanzioni
nell’originario modello normativo
Nel nostro
ordinamento, si è venuta consolidando la scelta fondamentale ,
tipica di uno Stato sociale di diritto, della anticipazione della
barriera di protezione dei beni fondamentali tutelati ed in
particolare del diritto alla integrità fisica ed alla salute nonché
alla salubrità dell’ambiente tramite il meccanismo della colpa
legale e della imputazione degli eventi a condotte omissive colpose,
sanzionando la violazioni di precetti tipici che impongono regole di
condotta .
La
imposizione di una serie di regole puntuali di condotta e di obblighi
, la cui violazione é a sua volta punita, costituisce la trama cui
viene riferito il giudizio fondato sulla colpa “legale” , per
violazione di legge.
Sulla base
di tale schema valutativo viene affermata la responsabilità di
coloro i quali abbiano violato le condotte doverose loro imposte, e,
in ragione della omissione, non abbiano posto in essere le condizioni
la cui mancanza viene fatta coincidere, secondo valutazione normativa
tipica, con la sussistenza di un pericolo astratto ovvero posta,
sempre secondo valutazione normativa tipica, in connessione causale
con il concreto verificarsi di un evento lesivo.
Utilizzando
una terminologia non tecnica e semplificando i concetti, può dirsi
che uno Stato moderno:
- disciplina regole di comportamento che sono ispirate al fine di impedire il verificarsi di eventi lesivi, e che possono interessare qualunque persona, ma più spesso sono imposte solo a taluni soggetti individuati;
- colpisce con una sanzione meno grave la violazione di regola di comportamento, per il pericolo che in astratto tale violazione costituisce, di per sé.
- qualora accada un concreto evento lesivo, che non si sarebbe verificato rispettando la regola di comportamento, prevede innanzitutto che dell’evento debba essere chiamato a rispondere a titolo di colpa chi ha violato la regola ( ponendo per legge in relazione causale una mancata condotta dovuta ed un fatto concreto verificatosi) e l’irrogazione di una ulteriore distinta pena, di norma più grave.
Sul
presupposto di tali meccanismi logico giuridici, in capo al datore
di lavoro, collocato in posizione c.d. “ di garanzia“, viene
posto il dovere generale di adottare tutte le misure e cautele
idonee, atte a a proteggere l’incolumità e la salute dei
lavoratori. E sempre in base a tale meccanismo viene estesa la
responsabilità in ordine alla applicazione della disciplina a tutela
della sicurezza e salute del lavoro, ai dirigenti e preposti
nell’ambito degli effettivi e concreti poteri attribuiti e
dell’effettivo ruolo svolto, ( all’interno dell’ambiente di
lavoro e secondo l’organigramma aziendale).
Nel CC del
’42 l’art. 2087, con norma generale, non autonomamente
sanzionata, già fissava, ( nel contesto normativo diverso della
disciplina dell’impresa, come attività economica organizzata ove
campeggia la figura gerarchica dell’imprenditore - datore di
lavoro) il precetto, secondo il quale “ L’imprenditore
è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che,
secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica ,
sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità
morale dei prestatori di lavoro”..
A tale
disposizione ha fatto ricorso sino ai giorni nostri la
giurisprudenza, in sede di imputazione di responsabilità per fatti
lesivi a titolo di colpa legale ( colpa consistente per
l’appunto in violazione di precetti normativi).
Un ricorso
prevalentemente integrativo, ad una norma rivisitata nel quadro dei
principi costituzionali afferenti diritto alla integrità fisica,
diritto alla salute e diritto alla salubrità dell’ambiente.
Ma sono i
DPR 547/55, 164/’56 e 303/56 che hanno costituito i primi organici
testi in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del
lavoro, ed hanno introdotto un articolato insieme di precetti, cui
corrisponde in caso di violazione, un articolato apparato di sanzioni
penali ( contravvenzioni).
Tali
precetti sono variamente caratterizzati, e presentano una struttura
generica ( o elastica) o più puntuale ed in taluni casi concreta e
specifica, ma soprattutto, prevedono
- obblighi generalissimi
- norme volte alla protezione esterna dei macchinari ovvero ad assicurare caratteristiche strutturali e dispositivi di sicurezza minimi dei quali devono essere muniti,
- una miriade di norme di buona tecnica secondo la natura dei lavori e luoghi ( impalcati, scavi e così via)
- norme che impongono la dotazione di mezzi di protezione personale antinfortunistica ( caschi, scarpe antinfortunistiche, guanti da lavoro, occhiali di protezione)
- norme sulle condotte da far tenere ai dipendenti ( divieti di interventi sui macchinari in movimento, disciplina della manutenzione etc).
- norme sui luoghi di lavoro e sulle misure minime di tutela nell’ambiente di lavoro
La scelta
primaria della protezione esterna dei macchinari,
e della previsione di una miriade di norme di
buona tecnica secondo la natura dei lavori e luoghi
( impalcati, scavi e così via) appaiata a precetti sulla dotazione
di mezzi di protezione personale
antinfortunistica e
sulle condotte da far tenere ai dipendenti
( divieti di interventi sui macchinari in movimento, disciplina della
manutenzione etc) costituì al contempo il limite e la forza di tale
normativa
La longevità
di tale normativa, ancora vigente ad oltre 40 anni di distanza,
riposa infatti proprio :
a) nell’aver
formulato norme generali ed astratte, valide per qualsiasi tipo di
attrezzatura e di macchinari, accompagnando i
precetti con specifiche
sanzioni penali, a carico dei diversi
soggetti responsabili individuati (reati propri), in funzione
di prevenzione specifica ( in sede penale) e repressione delle
violazioni ed omissioni;
b) nell’aver
individuato per la prima volta i principi portanti in ordine a ruolo
e responsabilità dei
datori di lavoro, dirigenti e preposti,
nell’ambito delle rispettive attribuzioni, mentre la stessa
elaborazione giurisprudenziale dei princìpi afferenti la delega
di funzioni e responsabilità nelle organizzazioni di impresa,
costruita intorno all’art. 4 del Dpr 547/’55, ha fortemente
contribuito alla tendenziale stabilità del detto sistema normativo.
Ma a fronte
del complesso dei precetti le sanzioni, affidate all’intervento
successivo della magistratura ordinaria, erano in concreto pressoché
esclusivamente pecuniarie ( ammenda).
Una
minaccia risibile di mite sanzione, previo
decreto penale ed all’esito di processo di opposizione, sempre
possibile ed incerto nei tempi e finanche nell’esito, nel contesto
di uno scarso funzionamento dei meccanismi di assicurazione sociale e
previdenziali, ed a fronte dei risparmi certi rappresentati dalla
riduzione al minimo del costo immediato della sicurezza.
Il quadro
ebbe una evoluzione positiva, dopo la forte spinta sindacale della
fine degli anni ’60, e solo a partire dalla seconda metà degli
anni ’70, con il migliore funzionamento dell’INAIL, le nuove
disciplina dell’ammissione alle gare pubbliche, e tramite un più
motivato intervento giudiziario, disomogeneo sul territorio, ma
consapevolmente indirizzato alla prevenzione, infine dalla stessa
legge 689/’81 ( ammissione all’oblazione previa regolarizzazione
, art. 162 bis CP, sequestro condizionato e sospensione condizionata
, in funzione della regolarizzazione).
Tale
normativa ha però ugualmente fallito lo scopo, non assicurando
il concreto obiettivo di prevenire effettivamente gli infortuni,
mentre le mutate esigenze dell’organizzazione del lavoro e le
nuove occasioni di rischio e patologia, hanno preso forme ignote e
non prevedibili, in quanto riflesso del modificarsi dei modi di
produzione ed al contempo venute alla luce grazie allo sviluppo
delle conoscenze scientifiche.
Il
fallimento dell’ancient
sistema di prevenzione, con il suo triste primato di infortuni e
morti bianche, va imputato peraltro anche alla strutturale
inadeguatezza degli organi sul territorio, preposti all’accertamento
e vigilanza ( USL.poi divenute di recente Aziende Sanitarie Locali)
A tali
organi la riforma sanitaria, aveva attribuito un ruolo estremamente
incisivo, quasi di tutela, affidando loro valutazione dei rischi sui
luoghi di lavoro, individuazione delle misure di prevenzione,
informazione e formazione e sorveglianza sanitaria ..
A ben
guardare la senescenza del vecchio modello normativo è imputabile
proprio al modello per l’appunto di tutela “dall’esterno e
dall’alto “, e a due fattori per così dire “ endogeni”
rispetto al modello:
- al limite intrinseco della sua impostazione “precettiva”, e cioè fondata su una somma di singoli precetti e sanzioni puntuali
- alla parzialità della filosofia della prevenzione che lo ispirava (riduzione ipotetica del rischio da infortunio essenzialmente segregando le parti pericolose delle singole macchine ed allontanando da queste gli operatori ovvero imponendo norme di condotta ).
D’altronde
le stesse persistenti oggettive caratteristiche del tessuto
produttivo e del modello di sviluppo, a più stadi del nostro paese (
con i ritardi culturali ed organizzativi in esso annidati) non
avevano facilitato una seria evoluzione normativa.
2. Precetti e sanzioni nel nuovo modello normativo di tutela della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro introdotto con il DLGVO 626
Dal decreto
626/94 in poi ( ma vi erano avvisaglie di una nuova concezione della
tutela della sicurezza e della salute sul lavoro già nel DLgvo
277/91.) in attuazione delle direttive CEE è stato poi accuratamente
delineato un nuovo sistema della sicurezza e prevenzione nei luoghi
di lavoro, sistema che in questa sede dobbiamo dare per noto.
Può solo
essere utile rammentare che direttive e norme di derivazione europea,
hanno così essenzialmente ridisegnato i principi portanti della
sicurezza e prevenzione :
1) i
pericoli per l’incolumità e la salute dei lavoratori, non
dipendono tanto dalla carenza di protezioni “oggettive” delle
macchine, quanto dalle modalità di loro utilizzazione nell’ambiente
di lavoro;
2) la
sicurezza deriva dalla analisi e conoscenza dinamica del processo
produttivo, conoscenza che può essere acquisita solo definendo le
procedure necessarie e le soluzioni organizzatorie coerenti con il
fine, e rendendole obbligatorie;
3) Il fine
di prevenzione concretamente raggiungibile ( senza inseguire il mito
del “ rischio zero “), dipende dalla formazione, informazione e
preparazione dei soggetti nel luogo di lavoro e dalla loro
partecipazione al processo organizzato di prevenzione;
4) occorre
responsabilizzare direttamente i soggetti investiti degli obblighi
procedurali, individuando forme di autocontrollo e di
autocertificazione, e procedure che li pongano al centro del processo
di prevenzione, affidando agli organi pubblici una funzione di
vigilanza e controllo di legalità..
5) la
sicurezza va assicurata infine sin dal momento della ideazione e
progettazione delle macchine e pianificata unitamente alla
progettazione delle attività da realizzare, a cura dello stesso
committente, nel caso di appalto di lavori che comportino attività
complesse e concomitanti, nonché compresenza di più lavoratori
appartenenti a diverse unità produttive nei medesimi ambienti di
lavoro, e perciò rischi numerosi ed eterogenei.
Tali
principi sono stati riadattati ed estesi al settore delicato dei
cantieri edili temporanei e mobili tramite il DLGVO 494 ( mediante lo
strumento gestionale del Piano di sicurezza, o del piano di sicurezza
e coordinamento) ed al settore delle cave, miniere e comunque
attività estrattive di sostanze minerali di prima e di seconda
categoria, tramite il DLGVO 626 (mediante lo strumento gestionale del
documento di salute e sicurezza )
Il DLvo
626, tuttavia, pur avendo introdotto
gigantesche novità, ha lasciato concretamente
in vigore gran parte delle norme tecniche preesistenti
( precetti specifici)
contenute nei DPR degli anni ‘55 e ‘56, fatta salva la
modificazione espressa di alcuni articoli e l’abrogazione tacita di
quelli incompatibili.
La nuova
disciplina “procedurale” della
prevenzione non poteva difatti eliminare la necessità di prevedere
istituti e presidi specifici a tutela dei lavoratori. Anzi
ha arricchito molte norme tecniche e singoli precetti
(
requisiti strutturali dei luoghi di lavoro, disciplina ed uso delle
attrezzature di lavoro, disciplina ed uso dei dispositivi di
protezione individuale
), introducendo
infine nuove discipline organiche proprio per quei settori in cui
l’evoluzione dei tempi e delle conoscenze si è fatta maggiormente
sentire (
movimentazione
manuale dei carichi, uso di attrezzature munite di videoterminali,
protezione da agenti cancerogeni e da agenti biologici ).
E
soprattutto, mentre nel resto dell’Europa non esiste alcun
meccanismo sanzionatorio penale, il DLgvo
ha di fatto ribadito la scelta della
previsione di sanzioni penali degli obblighi inadempiuti,
introducendo un sistema misto,
di precetti e procedure, che prevede una vasta serie di obblighi
(ancora od ex novo) sanzionati penalmente
Ebbene è
tutto il complesso della disciplina di settore, ivi compresi gli
obblighi più squisitamente organizzatori e di natura procedurale,
che costituisce il punto di riferimento della valutazione di
responsabilità per reati contravvenzionali (omissivi) e per delitti
(eventi lesivi e malattie professionali).Valutazione di
responsabilità che volta per volta può coinvolgere datori di
lavoro, dirigenti e preposti ( e solo per talune norme specifiche
appaltatori o committenti nel settore dei cantieri edili ovvero i
titolari di cave.) , ma anche altri soggetti tipici individuati nella
normativa prevenzionale
Una menzione
a parte meritano difatti , per le responsabilità specificamente loro
attribuite, i progettisti, venditori, fabbricanti e venditori di
macchine, i medici competenti. E per gli obblighi specifici imposti
gli stessi lavoratori.e gli artigiani impegnati in cantieri edili
temporanei o mobili.
Imputazione
di responsabilità per colpa legale, consistente per l’appunto, in
violazione di obblighi e precetti fissati per legge e nella omissione
di condotte e cautele doverose, che ha realizzato le condizioni che
non consentivano di impedire o che non hanno in concreto impedito il
verificarsi di eventi dannosi..
Sotto questa
luce vanno allora inquadrate le fondamentali novità del sistema
sanzionatorio, e la ridefinizione delle procedure di accertamento
delle violazioni. realizzata nel 1994
3.
Vigilanza e controlli con particolare riferimento alla procedura
prescrizionale disegnata dal dlgvo 758/94.
Nel passato,
gli organi preposti ai controlli ed alla vigilanza impartivano la
diffida ( a regolarizzare la violazione accertata) e
contemporaneamente si avviava, tramite la obbligatoria denuncia
all’autorità giudiziaria, il processo penale:
adempimenti: regolarizzazioni e vaglio
relativo ai fini dell’eventuale archiviazione, e, ovviamente, la
trattazione di tutti i fatti connessi a reati di lesioni colpose e
malattie professionali, erano integralmente assorbiti nella sfera del
giudizio penale ed affidati al Pretore.
Con
l’iscrizione della notizia oggetto di rapporto negli appositi
registri iniziava l’azione penale e si apriva il fascicolo
processuale e con il nuovo rito introdotto nel 1989 con la
segnalazione inizia il procedimento penale e l’esercizio eventuale
della azione penale, interviene nella fase conclusiva delle
indagini: si trattava in entrambi i casi comunque di una soluzione
integralmente “ endopenale” Anzi con l’introduzione della
ammissione all’oblazione subordinata alla prova della avvenuta
regolarizzazione, ai sensi dell’art. 162 bis del codice penale
introdotto con la L 689/’81, il fine di prevenzione entrava
prepotentemente nella sfera penale , quale anticipata realizzazione
dell’interesse penalmente protetto, tale da consentire la rinuncia
al fine ed esito più tipico della attività giurisdizionale penale:
la valutazione della responsabilità ed affermazione della stessa con
conseguente applicazione della sanzione.
Solo di
recente perciò, tramite il DLvo 758 del
19/12/’94 è stato ridefinito il procedimento
stesso di accertamento delle violazioni alla normativa prevenzionale,
lasciando fermo il corpo normativo e sanzionatorio preesistente (
salvo depenalizzazione espressa di fattispecie minori).
Un noto
autore, ha sottolineato plasticamente, come l’intera disciplina
introdotta dagli artt. e ss. del D.LGvo 758 costituisca ”parafrasi
razionalizzata” del procedimento di oblazione introdotto nel
sistema penale con la legge 689/81 ( art 162 bis CP). Tale parafrasi
si è concretizzata nel ridisegnare il rapporto tra accertamento,
regolarizzazione delle violazioni accertate, estinzione dei reati e
procedimento penale e ponendo all’esterno della sfera penale una
serie di attività tipiche della fase procedimentale conseguente
all’accertamento delle violazioni alla normativa di prevenzione .
La
prescrizione, ordine puntuale e concreto volto a rimuovere
( immediatamente o nel termine assegnato) la violazione
accertata, ne costituisce l’asse portante tipico. Tale
provvedimento è stato affidato essenzialmente agli ufficiali di p.g.
specializzati ( in generale presso le ASL nei Servizi di Prevenzione
Igiene e Sicurezza del lavoro, e per taluni settori e materie
specialistiche ad esempio ai Vigili del Fuoco, per la prevenzione
antincendio, ai tecnici dell’ANPA, per la prevenzione nel settore
dell’impiego pacifico dell’energia nucleare).
Il controllo
“tecnico” sulla regolarizzazione, la valutazione del
raggiungimento del fine specifico, la gestione della oblazione (
pagamento della sanzione amministrativa pari ad un quarto della
sanzione penale prevista) come possibile conseguenza della avvenuta
regolarizzazione, sono stati altresì integralmente affidati
all’organo di vigilanza.
Tuttavia è
rimasto l’obbligo della segnalazione all’autorità giudiziaria,
in ordine ai fatti di reato accertati, pur se oggetto di
prescrizione amministrativa, anche se il procedimento penale è per
legge “sospeso”, in attesa dell’esito della procedura
prescrizionale in sede amministrativa.
Inoltre è
comunque al giudice penale che è stato affidato il vaglio finale
circa l’avvenuta estinzione del reato ( ottemperanza alle
prescrizione e versamento della somma destinata alla oblazione
amministrativa); ed. è sempre al giudice che è riservato valutare
l’intempestività dell’adempimento o la adeguatezza
dell’adempimento in forma diversa, o la contestazione sul contenuto
dell’accertamento dell’organo di vigilanza.
Infine
l’adempimento successivo e la oblazione penale ex art. 162 bis CP
non sono precluse, una volta conclusa la fase procedimentale
amministrativa.
Nell’ordinamento
italiano, conservata la sanzione penale per i comportamenti in
violazione dei precetti in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro,
è stato affidato agli organi di vigilanza un ruolo centrale,
sebbene necessariamente ancora duplice, in ragione della
sovrapposizione, interferenza, e separazione impossibile tra le
sfere penale ed amministrativa.
Difatti
l’organo di vigilanza mantiene le funzioni di polizia giudiziaria
ed è tenuto alla segnalazione all’autorità giudiziaria e ad
adottare, qualora se ne presenti la necessità, i provvedimenti
tipici affidatigli nell’ambito di tali funzioni conservate.
Lo stesso
organo di vigilanza-pg specializzata ha quindi conservato i doveri e
poteri che in sede di accertamento penale aveva prima del Dlgvo 758,
con specifico riferimento al doveroso esercizio dei poteri cautelari
di sequestro, in particolare preventivo (volto ad impedire che
vengano commessi reati più gravi o a far cessare la permanenza dei
reati accertati).
Ciò in
tutti i casi in cui non appaia sufficiente ed adeguato al fine
impartire prescrizioni ad esecuzione immediata od a termine, e cioè
sia dato prevedere fondatamente la non ottemperanza alle stesse e la
sussistenza del concreto pericolo che giustifica la misura di
prevenzione ).
Il
legislatore, nell’art. 23 u. co. del DLgvo 758, dopo aver
disciplinato la sequenza fondamentale tra procedura prescrizionale
tipo e procedimento penale , ha introdotto perciò una norma
espressa, ma di portata essenzialmente
interpretativa , secondo la quale la
sospensione del procedimento penale non preclude la richiesta di
archiviazione né impedisce l’assunzione delle prove nella forma
dell’incidente probatorio ovvero il compimento di atti tipici
urgenti di indagine preliminare, tra i quali il sequestro preventivo.
Insomma pur
iscritto un procedimento penale “sospeso”, debbono essere
esercitati i poteri cautelari tipici previsti a tutela dell’interesse
penalmente protetto in funzione di prevenzione speciale e non può
essere pregiudicata la esigenza tipica di acquisizione, anche
“anticipata”, della prova.
- SANZIONI PENALI E DLGVO 626. LA VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI PROCEDURALI FONDAMENTALI
Il DLGVO
626/94, nel delineare il nuovo modello di organizzazione dei
processi partecipati della sicurezza, collocandoli all’interno dei
luoghi di lavoro, ha fissato come noto principi
o misure generali di tutela, individuato
soggetti, obblighi, e strumenti organizzativi
e disciplinato gli strumenti tipici ai quali è affidata le gestione
dinamica del processo di prevenzione. (
valutazione dei rischi, consultazione e partecipazione dei lavoratori
e del loro rappresentante , formazione e informazione dei
lavoratori)
Proprio le
sanzioni collegate ai precetti fondamentali, attinenti all’avvio e
realizzazione della architettura interna ai luoghi di lavoro delle
nuove procedure della sicurezza, costituiscono l’elemento di
novità più significativo introdotto nel sistema penale dal 626.
E’
evidente peraltro che nel nuovo sistema essenziale è divenuta la
distinzione tra i precetti, secondo la natura stessa degli
obblighi imposti :
- programmatici ( elencazione vincolante dei compiti ed obiettivi fondamentali)
- procedurali fondamentali (adempimenti destinati ad avviare inizialmente le procedure della prevenzione negli ambienti di lavoro e a porne le fondamenta generali tramite il documento di sicurezza, inteso come dato dinamico in continuo aggiornamento)
- procedurali attuativi ( adempimenti destinati a far sviluppare ed aggiornare le procedure di sicurezza ed i loro risultati, e ad assicurarne il “carattere partecipato” delle attività di prevenzione sul luogo di lavoro)
- programmatico attuativi (atti a concretizzare gli obiettivi fondamentali, e ad assicurarne il raggiungimento ES: informazione dei lavoratori da parte del medico competente)
- precettivi immediati ( di struttura e natura analoga ai preesistenti).
Difatti è
proprio a questa distinzione che ha posto mente il legislatore nel
graduare le sanzioni delle varie condotte omissive, agli artt. 89 e
ss del DLgvo 626, e nell’individuazione dei soggetti obbligati e
sanzionati, in caso di accertate violazioni.
Solo talune
violazioni, connesse agli obblighi programmatici e procedurali
basilari, sono perciò sanzionate esclusivamente a carico del
datore di lavoro, alla stregua della ( nuova) formulazione del primo
comma dell’art. 89. e non sono
pertanto delegabili con efficacia liberatoria:
[ Il
datore di lavoro è difatti punibile con l'arresto
da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni
per la violazione degli articoli 4 commi 2, 4 lettera a), 6, 7 e 11,
primo periodo; 63 commi 1, 4 e 5; 69 comma 5 lettera a); 78 commi 3 e
5; 86 comma 2-ter]
Tali
violazioni sono così elencabili :
- omessa designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione,
- omessa valutazione dei rischi ed omessa partecipazione concertata a tale fase sia del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che del medico competente e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
- omessa predisposizione del documento di sicurezza ( all’esito della valutazione dei rischi);
- mancato aggiornamento della valutazione dei rischi e del conseguente documento in occasione di modifiche del processo produttivo che possano avere influenza sulle esigenze di sicurezza del lavoro;
- omessa autocertificazione dell’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e della conseguente realizzazione dei necessari interventi di prevenzione e protezione su strutture, macchine ed impianti ( procedura semplificata per le aziende familiari e le piccole imprese con meno di dieci addetti, che non siano soggette a particolari fattori di rischio)
Sono poi
previste ulteriori sanzioni nei confronti del solo datore, per la
mancata effettuazione od aggiornamento della valutazione e per la
mancata elaborazione del conseguente documento, in riferimento ai
rischi specifici da esposizione ad agenti cancerogeni od esposizione
ad agenti biologici., nonché per la
mancata indicazione dei dati indispensabili elencati
( art. 63, comma 1,4 e 5, art. 69, comma 5 lettera a), art. 78,
comma 3 e 5 ed art . 86 comma 2 ter )
Deve
segnalarsi a tal riguardo in particolare che nel caso di utilizzo di
agenti cancerogeni il
documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3,
deve essere necessariamente integrato con i
seguenti dati:
a) le
attività lavorative che comportano la
presenza di sostanze o preparati cancerogeni
o di processi industriali di cui all'allegato VIII,
con l'indicazione dei motivi per i quali sono
impiegati agenti cancerogeni;
b) i
quantitativi di sostanze ovvero preparati
cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità
o sottoprodotti;
c) il numero
dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente
esposti ad agenti cancerogeni;
d)
l'esposizione dei suddetti lavoratori,
ove nota e il grado della stessa;
e) le misure
preventive e protettive applicate ed il tipo
dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le
indagini svolte per l possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come
sostituti.
In caso
di utilizzo di agenti biologici il documento
di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è deve essere necessariamente
integrato dai seguenti dati:
a) le fasi
del procedimento lavorativo che comportano il
rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero
dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla
lettera a);
c) le
generalità del responsabile del servizio
di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi
e le procedure lavorative adottate, nonché
le misure preventive e protettive applicate;
e) il
programma di emergenza per la protezione dei
lavoratori contro i rischi di esposizione ad
un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un
difetto nel contenimento fisico.
5.SANZIONI
PENALI E VIOLAZIONE DI OBBLIGHI
PROGRAMMATICI, OD ATTUATIVI DEGLI OBBLIGHI PROCEDURALI E
PROGRAMMATICI, NONCHÉ DI NUOVI PRECETTI SPECIFICI
L’aggiunto
comma 4 bis all’art, 1 del decreto n. 626/94, espressamente
dispone: “ i dirigenti ed i preposti che
dirigono o sovraintendono le attività attraverso le quali il datore
di lavoro attua le misure generali di tutela dei lavoratori sono
personalmente tenuti all’osservanza delle disposizioni del decreto”
La opportuna
disposizione ha definitivamente chiarito ( in concomitanza con la
auspicata rivisitazione della nozione di datore di lavoro, e
individuazione degli obblighi propri non delegabili) , che il
sistema normativo del 626 è immediatamente vigente per tutti ed in
particolare impone obblighi alla cui
osservanza sono tenuti tutti i soggetti che fanno parte
dell’organigramma aziendale, solo in ragione e per diretta
conseguenza degli effettivi ruoli e concreti poteri che esercitano..
A riguardo
va solo ricordato che la giurisprudenza, in aderenza ai canoni di
effettività e concretezza, ha chiarito più volte che la delega può
liberare dalla responsabilità il datore di lavoro, solo in quanto :
a)
plausibile b)
attribuita a persona esperta e competente c)
rilasciata in forma scritta d)
conferisca effettivi ed adeguati poteri decisionali e di spesa e)
non apparente ( il datore di lavoro non
continui ad esercitare in concreto i poteri delegati); g)
non concerna l’ adempimento degli obblighi
procedurali fondamentali propri ed esclusivi
del datore.
Inoltre è
diretta conseguenza della posizione fondamentale di garanzia
attribuita dall’ordinamento al datore di lavoro, la circostanza che
la delega non lo esoneri più da responsabilità, se venuto a
conoscenza delle violazioni esistenti o commesse dal delegato.
Di colpa “
in eligendo” ( nella scelta del dirigente) deve invece parlarsi
piuttosto a proposito del requisito di esperienza e capacità del
delegato.
A ben
guardare l’istituto della delega cosi’ come elaborato dalla
giurisprudenza era tradizionalmente ancorato al presupposto logico
della qualificazione delle fattispecie penali in materia
prevenzionale come reati “propri” imputabili al datore di lavoro
(e solo anche, ai dirigenti e preposti. art 4 Dpr 547/’55). Anche
sotto tale profilo non vi è stato alcun cambiamento essenziale:
difatti l’art. 4 del DlGvo 626, in tema di
obblighi fondamentali continua a distinguere tra coloro che “
esercitano, dirigono o sovraintendono”.
Una pur
disattenta lettura delle previsioni sanzionatorie ( artt. 89 e 90
DLGVO 626) conferma inoltre che buona parte dei precetti del 626 è
riferita in via generale ed astratta a tutti e tre soggetti
fondamentali indicati : in concreto la portata della violazione e la
riferibilità rispettìva a ciascuno dei tre dipenderà da una
concreta valutazione del momento e sfera in cui cade la violazione.
In via
deduttiva può indicarsi che della sfera programmatico decisionale
ed attuativa generale possono essere pressoché esclusivamente
chiamati a rispondere i datori di lavoro e/o i dirigenti validamente
delegati, mentre della sfera più strettamente esecutiva o di
vigilanza in fase di esecuzione, sono destinati a risponderne i
preposti.
Per la prima
serie di violazioni sono previste le pene più gravi per il datore di
lavoro ed i dirigenti ( art 89 co 2° lett A):
a)
l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a
lire otto milioni per la violazione degli articoli
4, comma 5 lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12,
commi 1 lettere d), e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30,
commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38;
41; 43, commi 3, 4 lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52,
comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62; 63, comma 3;
64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5
lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e
3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2; ]
mentre la
corrispondente norma sanzionatoria più grave
per i sovrintendenti, è ovviamente adeguata alla scala delle
responsabilità nell’organigramma aziendale (
art 90 1° co lett A) :
a) con
l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 2
milioni per la violazione degli
articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2;
12, commi 1, lettere d), e) e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6;
31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4
lettere a), b), d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 62;
63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2;
78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e
2;
Alla luce
del principio più sopra enunciato, si spiega poi agevolmente il
perché non siano state previste sanzioni per i preposti
relativamente a:
A) la
violazione degli obblighi inerenti la formazione
adeguata dei lavoratori in generale e per quanto riguarda
specificamente l’utilizzo
dei Dispositivi di Protezione individuale e gli specifici corsi di
addestramento individuale, la movimentazione manuale dei carichi , le
misure di tutela sul posto di lavoro in conseguenza dell’analisi
dei rischi per la vista o gli occhi, derivanti da postura od
affaticamento mentale e fisico, o connessi alle condizioni
ergonomiche e di igiene ambientale, il rischio da abenti cancerogeni
e biologici ( artt. 22, 43 co 4 lett g) e co 5, 49, 56 co 2, 66 co 2
, 895 co 2 DLGVO 626)
B) la
violazione degli obblighi inerenti la
nuova valutazione dei rischi e la misura della concentrazione
dell’agente cancerogeno in caso di
segnalazione di anomalie od estensione della esposizione ad altri
soggetti, al fine di verificare l’efficacia delle misure adottate (
art. 69 co 2 DLGVO 626 )
Per la seconda serie di
violazioni sono previste sanzioni meno gravi per i datori di lavoro
e dirigenti: b) arresto da due a quattro mesi o ammenda da lire un
milione a lire 5 milioni per la violazione
degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5 lettere c), f), g), i),
m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1 lettere a), b) e
c); 21; 37; 43, comma 4 lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma
1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3;
77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, co. 1 e 2.,
ed altresì per i
preposti: b) l'arresto sino a un mese o ammenda da lire 300 mila a
lire 1 milione per la violazione degli
articoli 4, comma 5 lettere c), f), g), i), m); 7, commi 1 lettera b)
e 3; 9, comma 2; 12, comma 1 lettere a), c); 21; 37; 43, comma 4
lettere c), e), f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4;
85, commi 1 e 4.
Ma deve
sottolinearsi che anche in questo caso nella corrispondente
disposizione per i preposti, non risultano previste sanzioni per
quegli adempimenti ed obblighi che per loro natura sono riferibili
esclusivamente alla sfera di prima attuazione degli obblighi
procedurali, e di attuazione degli obblighi programmatici ovvero
alla sfera decisionale ed attuativa più generale:
A)
nomine del medico
competente e designazioni
degli addetti al Servizio di Protezione e Prevenzione nonché dei
lavoratori incaricati all’attuazione delle misure di incendi ( art.
4 co 4 lett. B) e C) e art. 12 ), consultazione
del rappresentante per la sicurezza in ordine alla valutazione dei
rischi ed alla designazione degli addetti al SPP,( art. 5 lett. P) ),
B)
verifica della idoneità tecnico professionale
delle imprese appaltatrici e lavoratori autonomi ( art. 7 1° co lett
A) ),
C)
comunicazioni all’organo di vigilanza di
incidenti che comportano esposizione anomale dei lavoratori ad agenti
cancerogeni e iscrizione dei lavoratori in apposito registro degli
esposti ad agenti cancerogeni e biologici, nonché consegna di copia
del registro all’Istituto Superiore di Sanità, all’ISPESL ed
all’organo di vigilanza, con le le cartelle di rischio aggiornate
per i lavoratori cessati dal rapporto di lavoro ( artt. 67 co 3, 70
co 1, 87 ) comunicazioni all’organo di vigilanza o informative al
Ministero della Sanità connesse al rischio preesistente o nuovo da
agenti biologici ( artt. 76 e 77 co 4 ) adozione delle misure di
emergenza in caso di incidenti e rischio biologico ( art. 84 )
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